LE MINORANZE RELIGIOSE E LA POLITICA ECCLESIASTICA DEL
FASCISMO
Sommario: 1. Liberta' civili e politica scolastica nel fascismo. 2. I provvedimenti antilibertari del 1927 e la posizione valdese. 3. Legislazione ecclesiastica fascista 1929-1939.
1. Liberta' civili e politica ecclesiastica del fascismo
1.1 La firma dei Patti Lateranensi, del 11 febbraio 1929, aveva spiacevolmente sorpreso i sostenitori del separatismo Stato-Chiesa e, naturalmente, anche il mondo evangelico italiano, che nel sistema liberale si era identificato, riconoscendo in esso, parte dei propri valori.
Per questi motivi, la crisi del sistema liberale italiano, che si ando' progressivamente maturando nel decennio 1919-1929 ed il confessionalismo cattolico sempre piu' apertamente sostenuto dal Governo, colpirono duramente tutto il mondo evangelico italiano.
Non che fossero mancati i segni premonitori del giro di boa governativo in politica ecclesiastica, gia' all' indomani della costituzione dei Patto Gentiloni da parte di Giolitti nel 1913. 35 Ma l' avversione della maggioranza dei Valdesi alle idee socialiste era cosi' marcata e la loro fiducia nel laicismo dello stato liberale era cosi' profonda, che gli intellettuali valdesi poterono credere che il Patto Gentiloni fosse una manovra occasionale elettorale, in funzione antisocialista e niente piu'.
Nessuna preoccupazione destava nei Valdesi la figura di Mussolini, di cui si andava ripetendo che era stato l' autore, nel 1913, di un' operetta:
" Giovanni Huss, il veridico ", nella quale aveva esaltato il valore dell' eresia contro l' oppressione assolutistica e temporale della Roma dei Papi.
Ma, anche questo cercare, nella formazione giovanile di Mussolini, elementi che inducessero a guardare con fiducia al suo movimento, o credere nell' ideologia antiecclesiastica del fascismo di San Sepolcro, 35 doveva rivelarsi un tragico errore di valutazione.
1.2 All' indomani della Marcia su Roma ( 28 ottobre 1922 ), i giornali valdesi si resero conto di quale sarebbe stata, in Italia, la politica religiosa di un partito che, salito al potere con la forza, mirava pero' a conquistare il consenso delle masse. Operazione questa che un accordo con la chiesa cattolica avrebbe reso molto piu' agevole.
Inoltre v'e' da dire che la sintonia tra fascismo e chiesa cattolica non era solo uno instrumentum regni, un espediente politico improvvisato.
Mussolini scopriva i vantaggi della catechesi post-tridentina, ai fini di una pedagogia dell' ossequio, della deferenza, della disciplina ideologica e acritica al potere di un capo, a cui avvezzare le giovani generazioni.
Disposizione psicologica che egli riteneva indispensabile a creare il terreno favorevole all' impianto della dottrina fascista.
Il primo scontro aperto tra Valdesi e fascismo, fu dato dalla politica scolastica del Governo delle Valli e dalla questione sull' uso del francese come linguaggio, due argomenti sui quali il livello di suscettibilita' valdese era altissimo.
I Valdesi avevano sempre dedicato grande cura al loro ordinamento scolastico.
Un minimo di istruzione era necessaria per la conoscenza della Bibbia e per una buona pedagogia protestante.
Fin dal XVI secolo, le Valli si erano attrezzate con le scuole di quartiere, vale a dire con piccole scolette capillarmente diffuse anche nelle parti montane piu' remote, affidate a personale di fiducia dei Concistori, l' organo collegiale di gestione di ogni singola chiesa, di cui il pastore e' il presidente.
L' indagine sull' analfabetismo della popolazione italiana, condotto alla fine del XIX secolo, aveva dato una media di analfabeti del 75%, con punte del 90% nell' Italia meridionale e nelle isole.
Nello stesso periodo, l' indagine effettuata nelle Valli registrava lo 0% per gli uomini e lo 0,50% per le donne. 35 Anche quando, dopo il 1859, la legge Casati aveva regolamentato nel nuovo Regno d' Italia, il sistema scolastico, alle scuole valdesi era stato mantenuto l' insegnamento loro tipico, caratterizzato da due meterie supplementari, storia biblica e francese.
Nel 1911 la legge Daneo-Credaro aveva disciplinato il profilo giuridico e professionale dei maestri della scuola elementare.
La loro nomina in base a graduatoria di merito ed il carico finanziario dei loro stipendi, erano sottratti al Comune che fino ad allora li aveva gestiti, per essere assegnati alla Provincia o meglio ai Consigli scolastici provinciali all' uopo istituiti, ai quali venivano anche riconosciuti pieni poteri nella costituzione di nuove scuole. 35 Questa disposizione relativa alla nomina dei maestri, si rivelo' negativa agli occhi dei Valdesi.
Molto spesso il personale che veniva da fuori le Valli era fornito di titoli migliori ed era percio' vincente, ma presentava due pecche notevoli: si avvicendava continuamente, perche' era poco appetibile la vita in quelle aspre montagne e non conosceva o conosceva talmente male il francese, da non essere in grado di parlarlo.
Inutile poi sottolineare che si trattava di personale cattolico!
Per i Valdesi il francese era la lingua dei padri, della tradizione, del culto, della loro letteratura ed il loro linguaggio quotidiano, in quanto vernacolo.
Percio', la resistenza da parte valdese non poteva essere piu decisa.Dinanzi alle rimostranze valdesi , il governo autorizzo' in un primo momento l' insegnamento di una ora di francese giornaliera, dietro versamento di un compenso supplementare.
Ma, per l' evidente mancanza di personale in possesso di questa lingua, nella primavera del 1913, il Ministero emano' un nuovo regolamento, per cui gli aspiranti maestri in possesso della conoscenza del francese avrebbero avuto la preferenza delle Valli.
Sembrava che la situazione scolastica valdese si fosse acquietata, quando sopravvenne, nel 1923, la riforma Gentile.
Ignorando le situazioni tipiche dell' habitat di montagna, la riforma prevedeva la chiusura di tutte le scuole che avessero un numero di alunni inferiore ai 15.
I Valdesi, consapevoli che cio' comportava la chiusura di tante loro scuole, sostennero che si volevano riportare le Valli all' analfabetismo.
Il Governo concesse allora il mantenimento delle vecchie scuole, ma solo in forma privata, sostenendole con un piccolo sussidio.
Ma l' entita' di questo sussidio era talmente minima da non attirare personale o da richiamare solo quello meno qualificato.
Da cio' la decadenza pratica di queste scuole ed il risentimento delle popolazioni delle Valli.
1.3 Un altro campo di scontro fu quello relativo all' insegnamento della religione cattolica ed alla presenza del crocefisso sulla parete delle aule. L' insegnamento religioso era stato reso obbligatorio dalla legge Casati del 1859, ma il regolamento Rava del 1908 lo aveva reso facoltativo.
Gentile rese nuovamente obbligatorio l' insegnamento religioso, affidandolo alla cura della Chiesa. I Valdesi richiesero che tale insegnamento fosse centrato sullo studio del Vangelo e non su quello strettamente cattolico del catechismo tridentino. Non lo ottennero e, solo dopo un lasso di tempo inutilmente lungo ,fu deciso che nelle Valli la situazione rimanesse allo statu quo, con la possibilita' di dispensa dall' ora di religione.
Una circolare emanata nel 1922 dal sottosegretario alla Istruzione Lupi, imponeva la presenza del crocefisso nelle aule scolastiche elementari.
Naturalmente anche nelle Valli.
I Valdesi inviarono un memorandum a Gentile, allo scopo di ottenere la cancellazione di tale norma. Nel memorandum, oltre a fare appello ai diritti costituzionali, si ricordava che:
" al tempo delle persecuzioni era costume dei convertitori di presentare agli eretici, da una parte il crocefisso da baciare e dall' altra la spada, con cui essere uccisi in caso di diniego".
Per cui " il crocefisso era divenuto e rimasto il simbolo, per loro, non dell' amore, ma della persecuzione ". 35 Attraverso la mediazione di Lombardo Radice e l' intervento dell' on. Facta ( grande estimatore dei Valdesi, nei quali aveva il suo collegio elettorale ), si ottenne che il crocefisso venisse sostituito da un quadro riproducente Gesu' che benedice i bambini.
Fu pero' necessario omettere la firma del pittore in quanto tedesco e percio' non gradito al regime.
Nel novembre 1925, nel quadro politico di una monolitica italianita' della stirpe, venne vietato del tutto l' uso del francese come lingua.
In seguito alle pressanti petizioni valdesi, questa norma venne resa piu' morbida per le Valli: l' insegnamento di questa lingua per tre-quattro ore settimanali, solo facoltativo ed in orario supplementare a quello scolastico, doveva essere tenuto in luoghi privati, da insegnanti non statali ed a totale carico delle comunita'.
Successivamente, negli anni 1938-39, queste gia' limitate permissivita' vennero del tutto abolite.
2. La politica antilibertaria del 1925-1927 e la posizione valdese
2.1 Seguirono le restrizioni sulla liberta' di stampa, preannunciate da un decreto nel luglio del 1923 e da un progetto di legge del dicembre del 1924, approvato dalle due Camere nel dicembre 1925.
L' articolo 7 di questa legge riguardava la tutela dei culti riconosciuti dallo Stato. Esso stabiliva una serie di sanzioni per chi avesse offeso la religione cattolica, mentre nessuna menzione veniva fatta per offese ad altri culti.
Si rendeva cosi' inoperoso anche l' articolo 235 della legge di pubblica sicurezza dell' ottobre 1925 che puniva le offese verso tutti i culti autorizzati dallo Stato.
Il senatore Francesco Ruffini, che insieme a Luigi Luzzati, puo' essere considerato il migliore esperto di diritto ecclesiastico di quel tempo, in un articolo pubblicato sul Giornale d' Italia, osservo' che si era regrediti in fatto di liberta' e di uguaglianza religiosa, non solo in confronto al Codice Zanardelli, ma anche in relazione allo Statuto Albertino. 35 Inoltre i pastori protestanti non ottennero come i preti cattolici che avevano cura di anime, la dispensa dal servizio militare, ne' gli studenti della facolta' valdese di teologia di Roma ottennero quel rinvio del servizio di leva ,che era previsto per gli studenti cattolici di teologia.
In consonanza al tramontare di tante forme di liberta' civile,anche la liberta' di culto acattolico, fu sottoposta,in quello stesso periodo, a tutta una serie di restrizioni.
Infatti, risale al 13 aprile 1927 una circolare diretta a tutti i prefetti e dovuta al capo della polizia Arturo Bocchini, che invitava alla vigilanza sulle chiese evangeliche, in quanto avrebbero svolto una "cauta azione antifascista". 35 In realta' questa politica di diffidenza e di sorveglianza, che Mussolini affido' interamente al Capo della Polizia Bocchini, era diretta soprattutto piu' verso le altre chiese che non verso i Valdesi,in quanto tali.
Le sospette erano le chiese libere, la chiesa metodista e la chiesa dei fratelli, per il loro messaggio democratico, venato di piu' o meno aperto socialismo;
l'esercito della salvezza, l' Y.M.C.A. ed Y.W.C.A., ed i pentecostali 35 , perche' ritenuti avanguardie della penetrazione anglo-sassone in Italia, portatrici di mentalita' intollerabili all' organismo latino e contrarie all' idealita' del regime. 35
2.2 Per capire come la politica fascista fu meno tagliente nei confronti del valdismo, occorre tenere presente che le origini italiane del valdismo erano fuori discussione, come anche il suo patriottismo e il lealismo monarchico,riconosciuti piu' volte apertamente dal fascismo.
Anche dal punto di vista partitico,i valdesi non suscitarono, almeno fino agli anni 35-40, eccessive preoccupazioni nel regime fascista.
Abbiamo gia' detto che i Valdesi erano fondamentalmente dei liberali giolittiani, lontani da posizioni di sinistra.
Come Giolitti , si erano illusi che il fascismo potesse essere solo un comodo e temporaneo baluardo contro il comunismo.
Dinanzi alla amara realta' del regime, , pressati dalla necessita' della sopravvivenza, si erano chiusi in un prudentissimo silenzio e, per non incorrere in misure restrittive maggiori, avevano finanche allentato i loro legami con il mondo internazionale protestante.
Tale atteggiamento non poteva non essere gradito al partito. 35 Si tenga presente, inoltre, che la posizione giuridica dei Valdesi era meglio e maggiormente tutelata, che quella delle altre forze evangeliche.
Infatti era disciplinata dallo Statuto albertino, tuttora in vigore, almeno formalmente nello Stato italiano.
Ora, si dava il caso che l'articolo 1 dello Statuto garantiva la tolleranza ai culti acattolici che allora fossero esistenti nel territorio dello Stato, il che nel 1848 poteva valere solo per le comunità "storiche": valdese, israelitica e greca ortodossa.
Le varie forme evangeliche, sopravvenute in un secondo momento, trovarono la loro tutela in forme e fonti normative che non avevano la forza di una legge statutaria e, proprio per questo, erano piu' facili da colpire. Tali erano la Legge delle Guarentigie e lo stesso codice Zanardelli, che aveva voluto disciplinare i culti ammessi,i quali alla fine dell'ottocento erano ormai molto numerosi.
Infatti, ogni volta che la Tavola ricorse contro sistemi vessatori,messi in atto da autorita' periferiche e locali, il governo, sollecitato dalla Tavola valdese, rispose cancellando i soprusi.
La risposta positiva, a cui abbiamo accennato, da parte del governo, non fu mai pero' cosi' tempestiva da eliminare i disagi ed i danni dell'avvenuta persecuzione.Non in tutti casi,poi, visto che erano continui, le chiese periferiche facevano ricorso alla Tavola.
Infatti, purtroppo, l' opinione pubblica, la chiesa cattolica, l' ignoranza di tanti preposti alla sorveglianza, facevano si' che i Valdesi, chiesa storica, venissero confusi facilmente con le altre forme di evangelismo e quindi venissero soggetti alle stesse vessazioni.
2.3 Ma, quale fu la posizione personale di Mussolini in campo religioso?
Gli studi in proposito condotti portano a concludere che Mussolini non ebbe convinzioni religiose di alcuna ideologia.
Pertanto la questione religiosa venne dal fascismo inquadrata nell' ambito della Ragion di Stato. In quest' ottica, il regime da usarsi nei confronti delle chiese evangeliche, rispondeva a due esigenze fondamentali: la prima era quella di mante nerle in vita, come spina nel fianco della Chiesa cattolica.
Ad essa infatti si tributava ogni onore, ma una attiva presenza protestante in Italia, avrebbe costretto la gerarchia ecclesiastica a tutti i livel li, dai vertici ai semplici parroci, a dipendere dal fascismo, dal quale con continue sollecitazioni occorreva richiedere interventi polizieschi e repressivi contro le attivita' evangeliche. 35 In secondo luogo, finche' Mussolini ebbe interesse a mantenere buoni rapporti con i Paesi protestanti, considero' le chiese evangeliche con la stessa ottica di un Vittorio Amedeo II.
Una considerazione finale: il fascismo non ebbe e non poteva avere alcuna forma di sensibilita' per la liberta' di coscienza e quindi per la liberta' di religione del singolo.
Il massimo a cui quel regime totalitario poteva pervenire, era il riconoscimento della liberta' di culto.
3. La legislazione ecclesiastica fascista 1929-1939
3.1 Era questa la linea della politica ecclesiastica del fascismo all' alba della sistematizzazione legislativa che il regime effettuo' negli anni 1929-30, prima nei confronti della chiesa cattolica, poi nei riguardi di quelle protestanti.
Tra il 1929 ed il 1939, la politica ecclesiastica del fascismo fu regolata da una serie di provvedimenti:
i Patti Lateranensi dell' 11 febbraio 1929;
la legge sui culti ammessi del 24 giugno 1929, n° 1159;
il Regio Decreto del 28 febbraio 1930, n° 289, che conteneva norme di applicazione della legge sui culti ammessi, fornendone un' interpretazione restrittiva;
il nuovo codice penale Rocco del 1930,
( art. 403-404-405-406-407-724);
i Regi Decreti del 20 luglio e del 19 agosto 1932 che trasferivano la competenza degli affari di culto dal Ministero di Giustizia a quello dell' Interno e quindi alle Prefetture ed alla Polizia, nei confronti delle quali era ammesso solo ricorso a Mussolini;
la Circolare del 22 agosto 1939. 35 Il Concordato tra Stato e Chiesa cattolica, preoccupo'i Valdesi, soprattutto a causa degli articoli 1, 2, 5.
Il primo riprendeva l' articolo 1 dello Statuto albertino; solo allora i Valdesi si accorsero che a torto lo avevano creduto oramai mummificato.
Il secondo, evidenziando il carattere sacro della citta' di Roma, lasciava poco spazio al proselitismo in questa citta'e rendeva anche difficile la vita degli istituti di cultura e della Facolta' di teologia valdese di Roma.
Il quinto colpiva, con condanne pesanti, finanche lesive dei diritti civili, i preti che avessero voluto sfuggire alle maglie della Chiesa cattolica, per trasmigrare in quella protestante.
Questa incrinatura al pieno godimento dei diritti civili, comminata per ragioni religiose, era un precedente pericoloso e suonava sinistramente per tutti gli acattolici.
Nella sua globalita', infine, il Concordato ribadiva il carattere confessionale dello Stato italiano, rafforzando la posizione di privilegio che la Chiesa cattolica vi aveva goduto e manifestando con essa una sintonia d' intenti che suonava alle orecchie delle altre confessioni religiose come una minaccia alle liberta' di cui avevano fino ad allora goduto in regime liberale.
3.2 Nella sua relazione al Parlamento, per la presentazione del disegno di legge sui culti ammessi, l' on. Alfredo Rocco, onde evitare, a suo criterio, ogni lusinga da parte degli acattolici, diceva testualmente:
" La formula, 'culti ammessi nello Stato', se pure formalmente piu' riguardosa di quella dello Statuto, 'culti tollerati', non ha sostanzialmente diverso significato ". 35 D' altra parte, la Chiesa cattolica, gia' ampiamente soddisfatta degli accordi di pochi mesi prima, non celo' il suo disappunto all' annunzio della nuova legge e ci tenne a ribadire:
" Culti tollerati, permessi, ammessi. Non saremmo noi a fare questione di parole [...] purche' sia e rimanga chiaramente inteso che la Religione cattolica e' solo essa [...] la Religione di Stato con le logiche e giuridiche conseguenze [...]segnatamente in ordine di propaganda ". 35 Infatti la propaganda evangelica era cio' che massimamente la gerarchia ecclesiastica voleva evitare.
Visto che pareva impossibile ritornare ad un regime di intolleranza,data la permanenza dello statuto, occorreva impedire, con ogni espediente legale, qualsiasi ulteriore estensione dell' evangelismo in Italia.
Poiche' l' articolo 5 della legge sui culti ammessi, richiamando l'articolo 2 della abrogata Legge delle Guarentigie, proclamava che " la discussione in materia religiosa, e' pienamente libera", la gerarchia ecclesistica, per impedire tale discussione, punto' sulla connivenza dello stato fascista e fece leva su due tesi:il mantenimento dell' ordine pubblico ed il vilipendio alla religione cattolica.
Nel primo dei casi poteva contare gia' sulla possibilita' discrezionale degli organi locali, Prefetto e Polizia, responsabili dinanzi a Mussolini del mantenimento dell' ordine pubblico e tenuti a mantenerlo ad ogni costo.
L' articolo primo della legge del 24 giugno 1929, recitava:
" Sono ammessi nel Regno, culti diversi dalla Religione Apostolica e Romana, purche' non professino principi e non seguano riti contrari all' ordine pubblico ed al buon costume. L' esercizio, anche pubblico di tali culti e' libero ".
Attraverso la clausola dell' ordine pubblico, non fu difficile, in un' innumerevole serie di casi, con l' appoggio delle autorita' locali, dimostrare che la propaganda evangelica aveva dato luogo a vivaci contrasti con i cattolici e cio' aveva turbato l' ordine pubblico.
E' pur vero che, nella maggior parte di questi casi, il ricorso al governo da parte degli evangelici, specie se Valdesi, serviva a riequilibrare la situazione, dimostrando l' insussistenza del perturbamento dell' ordine pubblico.
Ma le risposte governative non erano certo tempestive, ne' sempre l' evangelismo italiano assunse la posizione del ricorrente.
Un secondo motivo venne addotto dal Vaticano per frenare la espansione evangelica: il fatto che la propaganda non poteva svolgersi senza una polemica critica nei confronti della Chiesa cattolica e cio' doveva ritenersi " vilipendio della religione di stato ".
Questa interpretazione, nonostante le pressione vaticane , non fu mai accolta ufficialmente dal Governo.
Ma spesso lo fu dall' autorita' locale e non sempre gli interventi governativi furono abbastanza chiarificatori.
Le autorita' cattoliche giustificavano la loro intolleranza nei confronti della propaganda evangelica, sostenendo che la liberta' di discussione concessa dalla legge in materia religiosa, avrebbe consentito solo la possibilita' di discussioni religiose a livello scientifico, ma non il proselitismo, che in vece ricadeva nell' articolo relativo al vilipendio della religione di stato.
Nel discorso di presentazione dei Patti Laterannensi alla Camera, Mussolini aveva escluso che:
" [...] il Concordato stia per suscitare in Italia il Medioevo [...] la piena liberta' dell' esercizio degli altri culti ammessi nello Stato e l' eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, qualunque sia la religione che essi professino, non e' e non poteva essere minimamente toccata! ". 35 Segui' un' altra dichiarazione assicurativa del Capo dello Stato, nel discorso del 10 marzo 1929, alla prima assemblea quinquennale del Regime: 35 " E' quasi superfluo dirlo che gli altri culti, fin qui tollerati, possano esssere d' ora innanzi perseguitati, soppressi od anche semplicemenmte vessati ".
Le dichiarazioni di Mussolini fecero si' che la emanazione della legge sui culti ammessi, desse luogo in campo protestante a varie interpretazioni sul favore che essa avrebbe consentito ai Valdesi rispetto allo Statuto albertino.
Poche pero' furono le voci protestanti apertamente critiche e pessimisticamente dubbiose.
In genere la legge fu accolta con soddisfazione anche da un' insigne giurista come Mario Piacentini 35 . In realta'nel formulare la legge sui culti ammessi e soprattutto nella attuazione nel concreto della stessa, Mussolini non poteva sconfessare le premesse dei Patti Lateranensi e mettere in pericolo quel prezioso equilibrio tra Stato e Chiesa, tanto faticosamente raggiunto, dopo settant' anni di lotte (1859-1929), ne' mettere in pericolo i vantaggi che i due sistemi si aspettavano da una reciproca collaborazione.
Pertanto se e' vero che nel 1929 Mussolini non intendeva incrinare l' immagine del suo regime a livello internazionale, presentandosi come un persecutore degli evangelici, e' anche vero che la legge fu concepita in maniera tale da consentire, al di la' delle affermazioni di permissivita', ,un largo spazio alle discrezionalita' d' intervento; secondo tempi e luoghi, ad placitum del governo.
Ne' poteva essere altrimenti in un regime che intendeva porsi come totalitario.
3.3 Sia la legge 1159 che il Regio Decreto n°289, del 28 febbraio 1930, contenente le norme applicative di quella, furono modificati dal Regio Decreto del 20 luglio 1932 n°884 e dal Regio Decreto 19-8-1932 n°1080, convertito in legge il 6 aprile 1933, n°455. Le norme applicative del '30 ed i decreti del '32, rappresentarono un giro di vite rispetto alla legge 1159 e consacrarono la pesante ingerenza dello Stato fascista nella vita ecclesiastica della chiesa valdese.
Gli storici valdesi hanno definito l' eta' del fascismo come quella di un rinnovato giurisdizionalismo.
Esaminiamo gli aspetti fondamentali di questa legge largamente commentata dal Piacentini nell' opera citata.
L' articolo 1 riconosceva liberta' di culto, nei limiti di principi e riti non contrari all'ordine pubblico e al buon costume.
Abbiamo gia' detto come in questa riserva vi fosse ampio spazio per limitare, volendolo fare, la liberta' di culto. Infatti i due concetti di "ordine pubblico" e di "buon costume",ognuno per proprio conto, non hanno confini nettamente demarcabili.
L' articolo 2 della legge 1159, prevedeva la possibilita' per gli istituti di culti acattolici, di essere eretti in ente morale, soggetti alle leggi civili per l' acquisto e l' alienazione di beni, disciplinava quindi la concessione della personalita' giuridica agli istituti dei culti ammessi..
Erano previste " norme speciali per l' esercizio della vigilanza e del controllo " da parte del Ministro dell' Interno e degli organi da esso dipendenti. Tale disciplina venne puntualmente regolata dagli articoli da 10 a 19 del R.D. n°289, ma in modo piu' restrittivo.
Gli istituti da erigere in Ente morale " sono soggetti alla vigilanza ed alla tutela governativa ", (art. 13); la vigilanza " include la facolta' di ordinare visite ed ispezioni agli istituti (art.14); in caso di " gravi irregolarita' ", ovvero quando l' amministrazione non sia in grado di funzionare, il Ministro dell' interno puo' sciogliere l' amministra zione medesima e nominare un commissario governativo per la temporanea gestione (art. 14).Per la violazione di leggi e regolamenti, in qualunque momento, puo' essere " dichiarata la nulli ta' di atti o deliberazione degli istituti (art. 15); l' acquisto, l' accettazione, la vendita di beni doveva essere preventivamente autorizzata (art. 16), pena la nullita' (art. 17); anche tutto quanto concer nesse la consistenza patrimoniale degli istituti, comprese le liti attive e passive, era soggetto ad autorizzazione governativa (art. 18). 35 Per cio' che concerneva la posizione dei ministri di culto, la loro nomina doveva essere approvata dal Ministero dell' Interno, senza la cui autorizzazione, gli atti da questi compiuti non avevano effetti civili (art. 3 legge 1159). 35 La materia e' ripresa negli articoli 3-9, 20-22, 25 del R.D. 1930. 35 I Ministri autorizzati potevano svolgere assistenza agli evangelici ricoverati negli ospedali (art. 15) e nelle carceri (art. 16); veniva stabilito l' esonero militare dei pastori titolari di parrocchie (art. 7) e la nomina di cappellani evangelici (art. 8); era concesso il rinvio militare per gli studenti delle facolta' di teologia (art. 9).
I Pastori potevano eseguire collette all' interno ed all' ingresso degli edifici di culto (art. 4) ed affiggere anche con esenzione di tasse, alle porte esterne degli uffici di culto, me non in altre sedi, atti riguardanti il governo spirituale dei fedeli (art. 3). 35 L' articolo 6 della legge 1159 aveva concesso la dispensa dell' ora scolastica di religione.
L' articolo 25 del R.D. 1930 aggiunge che qualora ci sia un numero sufficiente di alunni evangelici, lo insegnamento della loro religione puo' avvenire anche nei locali scolastici, udito il Consiglio scolastico provinciale, " il quale puo' provvedere direttamente, in senso favorevole ".
Il decreto aggiunge che di concerto tra il Ministro delle educazione nazionale e quello per la giustizia e gli affari di culto e' possibile l' apertura di scuole elementari valdesi, equiparate a quelle statali, " a sgravio totale o parziale degli obblighi delle Amministrazioni e dei Comuni " (art. 24).
La materia matrimoniale era disiplinata dagli artt. 7-12 della legge n°1159 e artt. 25-28 del D.R. n°289.
Per l'attuazione furono emanate norme apposite, con la Cir. del Guardiasigilli 18 luglio 1929 n.2233 e poi con il R.D. 28 settembre1929 n.1763.
Il matrimonio, celebrato dinanzi ad un ministro riconosciuto dallo Stato, produceva effetti civili (art. 7).
L' ufficiale di stato civile competente, dopo le necessarie indagini preliminari, " rilascia autorizzazione scritta con indicazione del ministro di culto davanti al quale la celebrazione deve aver luogo ", (art. 8); segue l' ottemperanza delle disposizioni del Codice civile art. 95 e degli articoli 352-353 e la lettura degli articoli 130-131-132 del Codice civile (art.9) 35 Particolari norme riguardano la trascrizione del matrimonio, entro le 24 ore, da parte dell'ufficiale di stato civile, sui registri dello Stato civile (art. 10).
L' articolo 11, infine, ai fini della nullita' del matrimonio, fa ricadere questo tipo di matrimoni " nelle disposizioni riflettenti il matrimonio celebrato davanti all' ufficiale dello stato civile ".
L' articolo 25 del Decreto consente, " in caso di legittimo impedimento ", che il Ministro di culto autorizzato, deleghi il compito di celebrare il matrimonio ad altro ministro di culto, anch' esso gia' riconosciuto dal Governo.
La diversita' di residenza e la trasmissione dell' atto furono regolate dagli art. 26 e 27.
L' art. 28 vieta ai Pastori di rilasciare copie e certificati degli atti di matrimonio celebrati dinanzi a loro.
A prima vista, la Chiesa evangelica ritenne che il nuovo regime matrimoniale le conferisse maggiore prestigio.
In realta' la nuova legislazione discriminava fortemente il matrimonio cattolico da quello protestante, conferendo effettivo prestigio solo alla chiesa cattolica.
Infatti lo Stato, fino al 1865, aveva riconosciuto il matrimonio valdese, senza entrare nei termini della procedura dello stesso e gli aveva conferito effetti civili.
Dal 1865, il nuovo codice civile aveva imposto la doppia celebrazione matrimoniale in via separata, religiosa da una parte e civile dall' altra; la prima da celebrarsi in chiesa e la seconda di fronte all' ufficiale di stato civile.
Anche in questo caso, ed a maggior ragione, lo Stato si era disinteressato delle modalita' della cerimonia religiosa.
La legislazione 1929-30, appariva piu' restrittiva, perche' non riconosceva effetti civili ai matrimoni evangelici, se non prescrivendo norme e designando officianti.
Infatti l' approvazione del ministro di culto era condizione indispensabile al riconoscimento di effetti civili.
I luoghi di culto, di cui la legge 1159 non fa menzione, sono trattati negli articoli 1, 2, 29, del Regio Decreto.
Fu riconosciuta l' esistenza delle chiese e cappelle gia' esistenti.Restauro e conservazione delle stesse non richiedevano nessuna autorizzazione.
Ma l' istituzione di un nuovo luogo di culto, chiesta da un ministro riconosciuto con una domanda diretta al Ministro della Giustizia e degli Affari di culto " deve provare che il tempio od oratorio e' necessario per soddisfare effettivi bisogni religiosi di importanti nuclei di fedeli ed e' fornito di mezzi sufficienti per sostenere le spese di manutenzione " (art. 1).
Le riunioni nell' interno dei luoghi di culto possono essere pubbliche " a condizione che la riunione sia presieduta od autorizzata da un ministro di culto, la cui nomina sia stata debitamente approvata a termini dell' articolo 3 della legge " (art. 2).
In caso di mancanza di ministri riconosciuti, la Comunita' doveva chiedere il permesso della riunione con un preavviso di tre giorni e questo poteva essere negato ad insindicabile giudizio delle autorita' di Polizia. 35 Le difficolta' maggiori di applicazione di queste norme relative ai luoghi di culto furono date dall' ambiguo dettato dell' art. n° 1, la' dove diceva che era necessario esistessero importanti nuclei di fedeli, per l' apertura di un nuovo tempio ed " effettivi bisogni religiosi ".
Tutte le pressioni evangeliche non valsero ad ottenere che il regime fascista specificassse meglio il termine " importanti nuclei " ed " effettivi bisogni ".
Il che da' un' idea del margine di discrezionalita' che il Governo si riservava nei loro confronti.
Un' altra difficolta' fu data dalle riunioni in case private, perche' le autorita' di polizia potevano presentarle come riunioni pubbliche o aperte al pubblico.
Come private esse non avrebbero avuto bisogno di autorizzazioni.
Come pubbliche o aperte al pubblico, richiedevano il preavviso di tre giorni al Questore e l' assenso della pubblica sicurezza pena il loro immediato scioglimento e sanzioni relative.
(art. 25 T.U. Leggi Pubblica Sicurezza 18 giugno i931 n.773).
Poiche' questa incertezza era stata sempre interpretata, da parte della polizia locale, in senso sfavorevole agli evangelici, il 21 dicembre 1929, il Ministro di Giustizia precisava che:
" Nessun obbligo incomba per le cerimonie religiose e gli atti di culto, compiuti entro i luoghi a cio' destinati, e cioe' sia templi, sia locali presi in affitto per scopo di culto, sia le case private che ospitino riunioni di carattere esclusivamente religioso ".
Purtroppo nonostante la precisazione governativa, tali direttive non erano sempre applicate dai Prefetti, specie nel meridione d' Italia.
Parte dei funzionari erano ispirati da dichiarata ostilita' verso gli acattolici; molti, in dubbio sull'applicazione delle leggi, ne davano prudenzialmente una interpretazione cosi' restrittiva, da rendere nulla l'ammissione del culto.
Questa situazione si verifico' soprattutto dopo il R.D. 20 luglio 1932 n.884, quando tutte le attribuzioni riservate al Ministero della Giustizia e degli affari di culto passarono a quello dell'Interno.
Di conseguenza, le mansioni gia' delegate in proposito ai procuratori generali presso le Corti d'appello, vennero svolte dai Prefetti e, tramite essi, dai Commissari di Polizia.
Con l' entrata in vigore del nuovo testo di Pubblica Sicurezza del giugno 1931 furono introdotte ulteriori restrizioni, rispetto a quello del 1926.
Nell' art. 18 del T.U. di P.S., anche una riunione indetta in forma privata, a giudizio dell' autorita'di pubblica sicurezza, poteva essere ritenuta pubblica, per il luogo di riunione, il numero dei partecipanti o altre modalita'.
Cosi' furono considerate pubbliche e soggette quindi al preavviso riunioni tenute in case private, solo perche' la porta non era stata chiusa o perche' dal di fuori si sentiva cantare o dalle finestre si vedeva l' assemblea radunata. 35 Norme di simile contenimento erano imposte dagli art. 25 e 26, per le funzioni svolte all' aperto (che pero' normalmente vennero evitate del tutto).
Rispetto al 1926 le sanzioni nei confronti dei trasgressori furono di molto inasprite. 3.4 Il codice Rocco entro' in vigore il 1° agosto 1931.
Gli articoli che interessano sono al capitolo 1 titolo IV, libro II e sanciscono la disparita' di trattamento in merito al diritto religioso tra cattolici ed acattolici (art.402).
L' articolo rispecchia la concessione dello Stato italiano quale organismo etico-religioso unitario, che il fascismo adotto' dopo il 1929.Nel nuovo codice penale, gli articoli 403,404, 405,406, 407, 724, disciplinano i reati nei confronti del sentimento e del culto religioso in modo nettamente differenziato fra religione di Stato e culti tollerati.
Infatti gli articoli 403, 404, 405, riguardavano le offese alla chiesa cattolica e le sanzione previste nel caso.
il vilipendio alla religione di stato era punito con la relegazione fino ad un anno.
erano previste anche pene personali specifiche per le offese contro chi profwessasse la religione cattolica, aggravate se la persona in questione era ministro di culto.
L'articolo 404 puniva le offese contro i luoghi di culto e gli oggetti del culto.
L'articolo 405 riguardava il perturbamento di cerimonie religiose.
L'articolo 724 puniva chi bestemmiasse contro la divinita', i simboli o le persone venwerate nella religione di Stato.
Nei casi previsti dagli articoli 403,404,405, la pena era ridotta considerevolmente nel caso si trattasse di culti acattolici.
Inutili risultarono le proteste da parte evangelica, per l'evidente disparita' di trattamento, rispetto al codice Zanardelli, che aveva previsto parita' di sanzioni.
Il fascismo, che in tanti altri campi aveva fatto strazio dello Statuto albertino o lo aveva disatteso, nella nuova codificazione si manteneva fedele agli articoli 16 e 18 di quello statuto, che prevedevano appunto, sanzioni differenziate tra reli gioni tollerate e culti di Stato.
Come se si potessero cancellare, con tanta facilita', dalle coscienze, settanta ann di politica religiosa liberale!
L'on. Ugo della Seta commentando gli art. 407-408 relativi alla pietas per i defunti ed alla tutela alla funzioni funebri e delle tombe, tutela imposta verso i morti di qualsiasi confessione allo stesso modo e punita nello stesso modo, sottolinea che solo dopo la morte i cittadini italiani erano finalmente tutti uguali! 35 In clima di guerra, l' atteggiamento del fascismo nei confronti del " settarismo protestante in agguato, " onde non intensificasse " una subdola camuffata attivita' di propanda antifascista ", divenne molto piu' attento.
La circolare ministeriale per l' interno del 13 marzo 1940, n° 441 / 02977 dichiaro':"negli evangelici un genere e' diffuso, benche' inconfessato, un senso di profonda ostilita' al fascismo, derivante dai loro stessi fondamentali principi religiosi ".
Un' altra circolare ministeriale, quella del 22 agosto 1939, n° 441 / 027713 aveva sostenuto:
"... e' legittimo sospettare che siffatte dottrine siano diffuse da agenti stranieri o perlomeno sostenute da danaro straniero per combattere il nostro regime politico, deprimere lo spirito nazionale e propagamdare l' antimilitarismo".
Da cio' una politica continua del " no ", onde paralizzare con una serie di divieti l' attivita' delle chiese, ridotte ad una vera e propria stasi di movimento. 35 Dal 1935 al 1943, le comunita' pentecostali furono sistematicamente smembrate, i locali di culto chiusi, i membri diffidati, i responsabili spesso arrestati, i recidivi deportati ".
Anche l' Esercito della Salvezza venne soppresso nell' agosto 1940 ed i membri incarcerati o mandati al confino.